martedì 23 agosto 2005
Malibu - Marina del Rey
Alla fine eravamo giunti al nostro ultimo giorno di vacanza negli States e come sempre, non ancora domi, partiamo combattivi alla volta di Malibu decisi a godercelo fino in fondo. Malibu si trova 35 km a nord di Santa Monica ed oltre ad essere considerata la patria del surf, è anche una delle mete preferite dalle star del cinema e dello spettacolo; le ville sono disseminate lungo le colline, quasi tutte inaccessibili ai visitatori, quindi se si vuole godere di un po’ di natura bisogna addentrarsi nel Malibu Creek State Park che offre boschi, prati, cascate, eree picnic e sentieri a volontà. Scesi dalla macchina optiamo per fare due passi sul Malibu Beach Pier Club e subito la fortuna ci viene incontro regalandoci una di quelle scene che sembrano fatte apposta per un’addio in grande stile; un ragazzo, tre delfini ed un leone marino che nuotano assieme creando un siparietto molto divertente.
Dopo avere ”adocchiato” un Jack in the Box, decidiamo di concederci la pausa pranzo: di tutte le catene di fast food quest’ultimo è a nostro avviso il migliore soprattutto perchè i panini vengono presentati con il pane a ciabatta o la baguette croccante. Esageriamo per l’ultima volta con il “refill” grandissima invenzione degli americani, e con le nostre coca-cola big size ci dirigiamo a Marina del Rey uno dei tanti porti turistici di Los Angeles. Lasciata la macchina al parcheggio della posta, ci dirigiamo a piedi al Fisherman’s Village; è un posto molto grazioso e colorato il cui simbolo è il suo faro bianco e azzurro affiancato lungo la banchina da casette dalle facciate variopinte. Passiamo qui il nostro pomeriggio, ormai era gia tempo di tirar le somme del viaggio: la compagnia era stata ottima ed i posti visitati uno più bello dell’altro…. Al momento della consegna della nostra mitica Toyota Sienna alla Alamo in aereoporto, facciamo amicizia con un signore di colore sulla sessantina che con nostro stupore si rivolge a noi in perfetto italiano. Ci racconta di aver partecipato ad un sacco di manifestazioni sportive in qualità di interprete, e che l'anno successivo lo aspettavano le Olimpiadi invernali di Torino 2006. Ci congediamo da lui con il primo vero magone della vacanza…. A bordo del nostro aereo avevo una sola frase che mi ronzava nella testa.. GOD BLESS THE USA.
lunedì 22 agosto 2005
Los Angeles
Decidiamo di dedicare la mattina del “day after the wedding” alla visita di Central Los Angeles, ma in realtà gli obiettivi dichiarati per la giornata erano lo Staples Center casa dei Los Angeles Lakers e lo shopping in gran relax in un paio di mall.
Downtown per quello che mi riguarda aveva poco da offrire, tutto si concentra attorno ad El Pueblo situati tra Chinatown e Little Tokio ma noi puntiamo subito a sud in direzione Staples Center; arrivati alla Pershing Square facciamo un paio di considerazioni sull’alta concentrazione di persone di lingua spagnola, e sullo scarso appeal che aveva su di noi cittadini del selvaggio west, il centro città.
In lontananza scorgiamo la sagoma della casa dei Lakers, ad accoglierci all’entrata principale c’è la statua del mitico Magic Earvin Johnson pluricampione NBA dei Lakers versione show time anni ’80 e dopo averla immortalata con la Nikon, proviamo ad entrare. Con sommo dispiacere il servizio di sicurezza ci dice che non è possibile effettuare la visita degli spalti dello Staples causa i preparativi per l’esordio stagionale della squadra femminile di basket, quindi dopo un altro paio di tentativi andati a vuoto, ci dirottiamo immediatamente al Lakers Store; dentro ci trovi di tutto e di più, dalla maglia di Kobe Bryant ai cappellini, ma la cosa bella è che gli articoli sono per tutte le tasche. Passato il pomeriggio a far divertire i bambini decidiamo di ritornare ad Anaheim, per la nostra ultima cena alla Pizza and More; mi rimarrà per sempre nella memoria Bad Day cantata a squarciagola in mezzo alle 12 corsie losangeline, come sempre in noi c’era la voglia di assaporare fino all’ultimo momento il nostro viaggio senza lasciare spazio alla nostalgia…l’indomani ci aspettavano Malibu e Marina del Rey.
Hi Falco
domenica 21 agosto 2005
Laguna Beach - San Juan Capistrano
Dopo tanto pellegrinare in giro per la West Coast, eravamo giunti al 21 di agosto, giorno del matrimonio di Gina e Vincenzo. Questa data era anche l’ultima occasione negli States per stare assieme ai nostri amici Simone Arianna Michele e Michela, i quali ritornavano in Italia il giorno successivo. E’ inutile che vi dica quanto frenetica sia stata questa giornata, iniziata presto e finita tardissimo, ma quello che mi preme sottolineare è l’accoglienza, la disponibilità, l’ospitalità che le famiglie Benson e Tecce ci hanno riservato.
Dopo la mattinata passata a zonzo per Laguna Beach ci siamo recati presso il Resort che ospitava la famiglia di Vincenzo (ormai una piccola Carpi!) e da li tutti al Rancho Capistrano per la cerimonia.
Devo dire che vedere un matrimonio americano è stato per noi una esperienza magnifica, soprattutto per la spettacolarità, le tradizioni e l’organizzazione un po’ differenti rispetto alle nostre. Finita la cerimonia con ben 7 testimoni per parte è iniziata la festa, e tra una portata e l’altra, non sono mancati i momenti goliardici culminati con una sfida canora Italia contro USA degli inni nazionali. Poi per finire alla grande, lasciato San Juan Capistrano attorno a mezzanotte, ci siamo spostati a casa di Gina a Laguna Beach, improvvisando una pasta aglio olio e peperoncino degna di nota: tra una parola e l’altra arrivati a notte fonda non ci restava che tirare il bilancio della giornata, e da quella terrazza di fronte all’oceano ci restava la consapevolezza che partecipare “da americani”,anche se per un solo giorno, a questo evento era stata una cosa eccezionale. Utilizzando le parole di Daniel e Laura, i genitori di Gina….. THANK YOU VERY MUCH… THIS DAY IS BEAUTIFULL !!!
sabato 20 agosto 2005
Los Angeles
Coloro che si trovano a trascorrere del tempo da queste parti, non possono esimersi dal visitare due delle zone più conosciute al mondo, la mitica Hollywood e la dorata Beverly Hills. Personalmente poi, essendo il 20 agosto il compleanno di Roberta, avevo una motivazione aggiuntiva nel voler visitare questi posti, in quanto mi ero ripromesso, se possibile, di farle il regalo da Tiffany.
Dopo un’oretta circa di traffico californiano ci ritroviamo a Beverly Hills; devo dire che l’ho trovata come me l’immaginavo, ogni suo angolo denota lusso e ricchezza, spazi da ville esagerate ed altre un po’ più sobrie, e lungo i boulevards vedi passare solo auto di lusso.
Quindi dopo esserci fatti un giretto nelle zone residenziali, decidiamo di raggiunge Rodeo Drive la via commerciale più nota della città. Questa via è tutto un susseguirsi di boutiques e gioiellerie dei più bei nomi del mondo ed è anche il posto migliore per chi vuole andare a caccia di personaggi famosi.
Dopo una visita al Beverly Hills Wilshire Hotel (Pretty Woman !) e l’acquisto da Tiffany, decidiamo di puntare la Hollywood Blvd; il primo tratto del viale ha un aspetto un po’ trasandato il che mi ha lasciato abbastanza perplesso, ma gran parte dei suoi angoli più caratteristici conservano ancora il loro fascino.
Tra questi ci sono sicuramente la Walk of Fame, il marciapiede in cui sono incastonate più di 2000 stelle delle celebrità dello spettacolo e del cinema ed il Mann’s Chinese Theatre con il suo spiazzo antistante in cui si trovano gli autografi e le impronte di mani e piedi delle star del cinema. Dopo le classiche foto ricordo ed una tappa da Hooters, siamo risaliti sulla nostra toyota e percorrendo per intero la Sunset Boulevard, siamo arrivati a Santa Monica per poi concludere la giornata nella cittadina di Venice Beach.
Santa Monica e Venice sono le classiche cittadine californiane che si affacciano sull’Oceano Pacifico; la prima è conosciuta per le sue spiagge chilometriche rese celebri dalla serie televisiva Baywatch ed è nota ai più anche per l’omonimo Pier che con la gigantesca ruota panoramica calamita tutte le attenzioni dei turisti.
La seconda è famosa, oltre che per i suoi canali che ricordano un pò Venezia, per l’atmosfera un po’ hippie che si respira sulla Ocean Front Walk, la passeggiata lungomare; di giorno ci vedi ragazzi giocare a basket o sfrecciare sui roller e in bicicletta, ma al calar del sole, vedi sbucare dal nulla ogni genere di artista da strada ed in meno di un istante si materializzano bancarelle che propongono i gadget più assurdi ed incredibili.
Dopo aver accantonato definitivamente qualsiasi velleità di nuotata, decidiamo di lasciarci alle spalle l’Oceano Pacifico per ritornare verso casa ; quella sera, per la prima volta, avevamo realizzatoa nostra vacanza era agli sgoccioli.
venerdì 19 agosto 2005
Anaheim - San Juan Capistrano - Laguna Beach - Newport Beach
Soggiornare ad Anaheim durante la nostra vacanza è stata una scelta molto azzeccata; infatti è una zona molto tranquilla che ti da la possibilità, vista la vicinanza con il Disneyland Resort, di uscire la sera con i bambini in assoluta tranquillità. A meno di 300 metri c'è il magico regno della Disney, che comprende il Disneyland Park, il Disney’s California Adventure e Downtown Disney; di prima mattina decidiamo di farci un giretto proprio in quest’ultima sezione, che è una delle più affollate ed apprezzate aree del resort . All’interno ci trovi di tutto, dai negozi specializzati in giocattoli e vestiti, alle tavole calde e grandi magazzini, ma ci trovi soprattutto la magia… che per Daniela e per tutti i bimbi della sua età, è la cosa più bella in assoluto. Appena entrati in un negozio di giocattoli, ci siamo trovati di fronte un'immenso bancone di peluches della disney e in men che non si dica nostra figlia ci si trovò dentro a nuotare. Ad essere sincero mi sarei comperato anch’io tutto il negozio, quindi dopo aver preso dei souvenirs, siamo saliti in macchina ed assieme ai nostri amici ci siamo diretti verso San Juan Capistrano, luogo di appuntamento con Gina e Vincenzo.
Questa località dell’Orange County si trova a sud di Los Angeles, ed è famosa per la sua Mission ultimata agli inizi del 1800, una delle poche che si sono conservate in tutta la loro estensione ; dopo esserci fatti un giretto per San Juan, ci siamo recati al Rancho Capistrano dove ad attenderci c’erano Gina e Vincenzo. Era l’occasione per conoscere finalmente parte delle loro famiglie e dei loro amici, e prendere confidenza con questo splendido rancho in cui tra un paio di giorni avremmo vissuto il nostro primo matrimonio “a stelle e striscie”. Da San Juan Capistrano ci siamo poi spostati verso nord in direzione Laguna Beach una delle più belle località della costa californiana con grandi e piccole insenature, belle spiagge, parchi sulle scogliere in riva al mare ed un centro cittadino con bei locali e negozi di artigianato. Capiamo subito perché i genitori di Gina si siano stabiliti qui, il colpo d’occhio è veramente stupendo, si respira un’aria da “beach boys”, vedi un sacco di gente fare serf nel Pacifico o giocare a volley … insomma per me la Robi e gli altri un posto da 10 e lode! Verso il tardo pomeriggio poi ci siamo trasferiti a Newport Beach per la festa di fidanzamento di Gina e Vincenzo. Devo dire che credevamo di essere protagonisti della serie televisiva the O.C., il party infatti si svolgeva in una villa con giardino e piscina di un amico di famiglia dei nostri amici; la cena a base di specialità messicane è stata davvero ottima, come la dimostrazione di amicizia e di ospitalità dei nostri amici americani. La sera prima di rientrare al nostro hotel, ho chiesto a Simone se quello che avevamo vissuto era tutto vero, ed assieme abbiamo convenuto che quella passata era stata una gran giornata, perché un conto è viaggiare con un pacchetto offerto da una agenzia turistica, un altro è vivere e conoscere una cultura diversa dalla nostra attraverso la vita reale di tutti i giorni.
Hi Guys
giovedì 18 agosto 2005
Los Angeles - San Diego
Il ritorno in California, segnava per tutti noi l’inizio dell’ultima settimana di viaggio, ma la cosa non ci aveva abbattuto più di tanto in quanto oltre ad avere tempo a sufficienza per goderci l’ Orange County , ci aspettava il matrimonio dei nostri amici Gina e Vincenzo.
L’arrivo nella città degli angeli è stato spettacolare, contraddistinto da una di quelle scene holliwoodiane che di solito ero abituato a vedere alla televisione, solo che questa volta l’inseguimento della polizia ad un paio di fuoristrada ed il loro successivo fermo, avveniva in diretta e non su “Real tv” ! Giunti nel tardo pomeriggio, decidiamo di recarci direttamente ad Anaheim e subito dopo aver preso possesso delle nostre stanze al Parkside Inn & Suite Maingate, decidiamo di ripartire per un giro di ricognizione della zona. La sera a cena decidiamo assieme agli altri di dedicare il giorno successivo alla visita di San Diego ed il SeaWorld.
San Diego è la più antica città della California, la cui costa composta da km di spiagge meravigliose, di scogliere ed insenature, arriva fino al confine con il Messico; qui è molto forte come a Los Angeles la presenza della comunità di origine ispano-messicana fin dai tempi della formazione della Old Town sede del primo insediamento spagnolo. Avendo solo un giorno a disposizione per visitare San Diego, decidiamo di puntare la zona della Mission Bay che è quella più vicina al SeaWorld; il clima è fantastico, tanto da farci venire la voglia di un bagno nell’oceano, ma sia la consapevolezza che le acque del Pacifico sono veramente fredde sia il poco tempo a nostra disposizione ci inducono a dirigerci direttamente al parco acquatico. La giornata passata al SeaWorld è stata sicuramente la più rilassante di tutta la nostra vacanza e dare la possibilità a Daniela di visitare questo parco dei divertimenti acquatici è stato veramente gratificante; ancora oggi Didi mi chiede di ritornarci o di rivedere il dvd con le immagini delle “Shamu“ (le orche). Lo spettacolo di quest’ultime è stato talmente bello che noi adulti abbiamo deciso di rivederlo dalle gradinate a bordo vasca consapevoli poi di finire completamente bagnati dai colpi di coda delle orche. Ma le possibilità per i visitatori del SeaWorld sono tantissime, sia per quanto riguarda la varietà di esibizioni dei cetacei e la visita delle apposite aree a tema (piacevole la zona artica con visita all’orso polare e pinguini) sia per la vasta scelta per la ristorazione e lo shopping.
A fatica riusciamo a “recuperare” Daniela e Nicolò, tutti presi nel dar da mangiare i pesciolini alle foche, e decidiamo quindi di concederci la cena prima di rientrare a Los Angeles. L’indomani ci aspettava una giornata intera a zonzo per l’Orange County assieme a Gina e Vincenzo e la sera avremmo partecipato alla loro festa di fidanzamento a Newport Beach.
God Bless You.
martedì 16 agosto 2005
Big Bear Lake
Era la seconda volta in questa vacanza che partivamo da Las Vegas, solo che in questo caso ciò significava lasciare definitivamente le tanto amate terre desertiche dell’Arizona e del Nevada, per catapultarci nella caotica Los Angeles. Dopo aver dato un’ultima occhiata alla Strip ci siamo messi in marcia percorrendo la Interstate 15 in direzione Barstow, tappa intermedia prima di raggiungere Big Bear Lake località turistica molto rinomata della California.
Ad attenderci a Barstow c’era il Tanger Outlets un centro commerciale che propone a prezzi incredibili capi di abbigliamento delle più note marche americane. Roberta ed io ci siamo sbizzarriti comperando jeans, felpe e magliette della Guess, Tommy Hilfiger, Polo Ralph Lauren e le scarpe della Timberland che, al prezzo di 35 dollari, erano veramente regalate. Dopo la sosta per il pranzo ci siamo rimessi in marcia attraversando il Mojave National Preserve e già si potevano vedere gli alberi di Joshua , piante di cactus che caratterizzano l’omonimo National Park.
Arrivati a Big Bear Lake attorno alle 5 p.m. ci siamo fermati alla stazione di rifornimento per telefonare ai nonni di Gina,Jim e Ginny, i quali si erano offerti di accompagnarci prima al nostro albergo e poi a cena. Devo dire che in questo frangente abbiamo potuto constatare di persona il calore e l’ospitalità americana, in quanto Jim e Ginny non solo ci hanno fatto compagnia fino a sera inoltrata, ma ci hanno pure offerto la cena ed il soggiorno presso il magnifico Northwoods Resort: Grandissimi!
Big Bear Lake è una località turistica all’interno della San Bernardino County che dista poche ore di macchina da Los Angeles, apprezzata dagli appassionati degli sport invernali e non; un sacco di trails infatti partono nei pressi delle rive del lago e in estate, nelle marine poste attorno al Big Bear Lake è possibile affittare barche, canne da pesca o praticare lo sci d’acqua. Un bel posto insomma dove passare le vacanze anche se devo dire (passatemi il campanilismo) che le nostre Dolomiti hanno un fascino nettamente superiore.
Il giorno successivo, dopo esserci concessi un pò di relax nella Iacuzzi del Resort, ci siamo recati in centro a Big Bear City; lungo la strada principale ci sono un sacco di negozi sfiziosi tra cui uno in particolare, dove è possibile trovare quadri, gadget ed articoli degli anni ’60 ’70 ’80 veramente unici. Il pomeriggio poi, dopo aver fatto il giro del lago, lo abbiamo dedicato allo svago di Daniela e Niccolò, quindi su consiglio di Jim e Ginny abbiamo deciso di accorciare la strada e non visitare il Joshua Tree N. P., per dirigerci direttamente a Los Angeles. Man mano che ci avvicinavamo alla città degli angeli aumentava il numero delle corsie della Interstate e di pari passo aumentava la mia preoccupazione nel doverle affrontare, ma ormai ero in gioco e la mia missione era arrivare indenne a Los Angeles dove avremmo alloggiato per tutta la settimana successiva.
lunedì 15 agosto 2005
Las Vegas
Raggiungiamo Las Vegas dalla Highway 93 lasciandoci alle spalle la Hoover Dam, l’enorme diga di cemento le cui acque del Colorado River hanno dato vita all’immenso Lake Mead. Eravamo ancora un po’ dispiaciuti per non essere riusciti ad accostare la macchina per una foto ricordo sul confine tra Arizona e Nevada, situato proprio in mezzo alla diga, quando in lontananza avvistammo la sagoma dello Stratosphere Tower Hotel.
Arrivarvi con il buio è stato una cosa veramente spettacolare; vedi tutte quelle luci in lontananza e ti sembra incredibile che Las Vegas si trovi nel bel mezzo del deserto del Mojave.
Dopo aver lasciato i bagagli al nostro hotel (lo Stratosphere), ci siamo subito buttati nella Strip catturati dalla magia delle insegne al neon dei casinò
La prima cosa che mi viene in mente quando penso a Las Vegas è che lì tutto è esagerato, tutto è concentrato nella Las Vegas Boulevard meglio conosciuta come la Strip. Questa via è il cuore pulsante della città, il paradiso degli svaghi, soprattutto di notte quando il boulevard brilla di luci colorate. E’ la città che non dorme mai, la città che si divide tra sole, peccato e gioco d’azzardo, dove senti il rumore delle slot-machines 24 ore su 24.
Fare una classifica dei vari hotel mi è veramente difficile; il Luxor, il Caesars Palace, il New York-New York, il Mirage, l’MGM ed ancora Treasure Island, The Venetian , l’Excalibur ,il Bellagio (molto bello lo spettacolo delle fontane luminose con sottofondo musicale), tutti per un motivo o per l’altro ti sembrano più belli di quello che hai visto in precedenza.
Gran parte degli hotel, con l’aria condizionata sparata a 1000, sono comunicanti tra di loro ed è possibile attraversarli tramite tapis-roulant, scale mobili o dei ponti che ti permettono di visitarli senza troppa fatica. Io e la Robi siamo rimasti meravigliati nel vedere la meticolosità con cui sono state riprodotte Piazza San Marco, il Ponte di Rialto ed il Canal Grande al Venetian, senza parlare poi della riproduzione del Lago di Como davanti al Bellagio, o della Tour Eiffel del Paris.
Lungo la Strip vedi passare automobili di lusso, vedi persone di tutte le razze e di tutte le tasche; passi dall’ Hard Rock Cafe al Planet Hollywood, dagli spettacoli di Celine Dion alle battaglie dei pirati del Treasure Island, insomma Sin City è sicuramente un posto emozionante e se vi lascerete coinvolgere ve ne innamorerete.
domenica 14 agosto 2005
The Wave
Nei pressi di Kanab, nel sud dello Utah, c'è una zona, il Paria Canyon del Coral Pink Sand Dunes - Vermillion Cliffs Wilderness, che bisogna assolutamente visitare.
All'interno di questa zona, si trovano le Coyote Buttes, all'interno del quale è incastonata una delle più recenti icone del Colorado Plateau....un'onda perfettamente scavata nella roccia, THE WAVE.
Arrivare a the Wave non è facilissimo, sia perchè bisogna attraversare un'area selvaggia senza sentieri tracciati basandosi solo sul proprio senso dell'orientamento, sia perchè l'accesso alle Coyote Buttes è regolato e controllato da una decina d'anni.
Infatti vengono assegnati solo 20 permessi al giorno, 10 per l'accesso a nord ed altri 10 per quello a sud. Riuscire quindi ad ottenere il permesso per the Wave, risulta essere molto difficile; può essere fatto tramite una prenotazione on line sul sito internet del Bureau of Land Management della Paria Canyon - Vermillion Cliffs Wilderness (http//paria.az.blm.gov) e visti i pochi permessi giornalieri messi a disposizione, si rischia anche una attesa di molti mesi prima che la propria richiesta venga accolta.
L'altro modo, un terno al lotto, è quello di recarsi ogni giorno presso i rangers della Paria Contact Station, i quali mettono a disposizione ultieriori 4 biglietti per il giorno successivo, secondo il criterio di chi prima arriva meglio alloggia..
Sapendo questo io, Roberta ed i nostri compagni di viaggio, ci siamo mossi 6 mesi prima, organizzando il nostro viaggio in base al giorno di assegnazione dei permessi.
Devo dire che una volta negli States, la sorte ha cercato di metterci i bastoni fra le ruote facendo piovere tutta la notte precedente quel martedì 9 agosto. Dopo aver ritirarato i nostri permessi presso la Paria Contact Station, ci siamo diretti verso Kanab percorrendo la US 89 e dopo alcune miglia abbiamo intrapreso la strada sterrata BLM 700, che può essere percorsa dalle normali autovetture solo in condizioni di asciutto. Per arrivare al parcheggio del Wire Pass Trailhead, luogo da cui inizia il trail per the Wave, bisogna percorrere circa 8 miglia, ma noi ci siamo dovuti arrendere molto prima, in quanto un torrente in piena ci aveva sbarrato la strada.
Tornati alla Paria Contact Station, e rinnovata la durata dei permessi di un anno, abbiamo deciso di riprovare alcuni giorni più tardi. Questa volta però per non correre rischi con il torrente, siamo arrivati da sud, percorrendo la US 89 ALT e sobbarcandoci quindi 21 miglia di sterrato per arrivare al Wire Pass Trailhead.
Da qui, caricati gli zaini con i bambini sulle nostre spalle, abbiamo seguito il letto asciutto del wash, finchè non abbiamo trovato sulla nostra destra un vecchia pista per jeep; la pista finisce in cima ad un altopiano, e da li abbiamo seguito un sentiero sabbioso che ci ha condotto alle Coyote Buttes. Una volta superate, queste ultime, abbiamo girato a destra camminando in alto sul pendio fino a raggiungere una coppia di buttes a forma di gobbe di cammello. Superate anche queste, abbiamo avvistato davanti a noi Top Rock, una cresta montuosa al cui interno si nasconde The Wave. Arrivati quindi alla base di una duna sabbiosa sotto Top Rock, abbiamo capito che eravamo prossimi alla meta; dopo aver fatto l'ultimo sforzo ci siamo trovati davanti una specie di corridoio naturale ed alla fine di questo ci si è presentato in tutta la sua bellezza.. The Wave.
Dire cosa abbiamo provato, anche in questo caso è riduttivo, bisogna essere li e trovarselo davanti agli occhi; the Wave ci ha dato una sensazione di stordimento, di stupore e di incredibile euforia, subito è scattata in noi la voglia di scattare 10, 100, 1000 fotografie. Le striature, i colori rasentano la perfezione, ancora una volta madre natura ci aveva fatto vedere di cosa era capace!
Solo dopo una lunga sosta ci siamo decisi a ritornare indietro, convinti dal cielo tornato di nuovo minaccioso; sulla via del ritorno abbiamo incrociato una famiglia di mormoni le prime persone di quella magnifica giornata.
A chi volesse provare le nostre stesse emozioni, consiglio essendo un percorso di 3 miglia all'andata e 3 miglia al ritorno in pieno deserto, di portarsi appresso molta acqua, sali minerali, integratori alimentari e cibi salati. Non trascurate la forma fisica, noleggiate un'automobile da sterrato, informatevi delle condizioni atmosferiche e soprattutto non dimenticatevi la macchina fotografica... al resto ci penserà ..... The Wave
All'interno di questa zona, si trovano le Coyote Buttes, all'interno del quale è incastonata una delle più recenti icone del Colorado Plateau....un'onda perfettamente scavata nella roccia, THE WAVE.
Arrivare a the Wave non è facilissimo, sia perchè bisogna attraversare un'area selvaggia senza sentieri tracciati basandosi solo sul proprio senso dell'orientamento, sia perchè l'accesso alle Coyote Buttes è regolato e controllato da una decina d'anni.
Infatti vengono assegnati solo 20 permessi al giorno, 10 per l'accesso a nord ed altri 10 per quello a sud. Riuscire quindi ad ottenere il permesso per the Wave, risulta essere molto difficile; può essere fatto tramite una prenotazione on line sul sito internet del Bureau of Land Management della Paria Canyon - Vermillion Cliffs Wilderness (http//paria.az.blm.gov) e visti i pochi permessi giornalieri messi a disposizione, si rischia anche una attesa di molti mesi prima che la propria richiesta venga accolta.
L'altro modo, un terno al lotto, è quello di recarsi ogni giorno presso i rangers della Paria Contact Station, i quali mettono a disposizione ultieriori 4 biglietti per il giorno successivo, secondo il criterio di chi prima arriva meglio alloggia..
Sapendo questo io, Roberta ed i nostri compagni di viaggio, ci siamo mossi 6 mesi prima, organizzando il nostro viaggio in base al giorno di assegnazione dei permessi.
Devo dire che una volta negli States, la sorte ha cercato di metterci i bastoni fra le ruote facendo piovere tutta la notte precedente quel martedì 9 agosto. Dopo aver ritirarato i nostri permessi presso la Paria Contact Station, ci siamo diretti verso Kanab percorrendo la US 89 e dopo alcune miglia abbiamo intrapreso la strada sterrata BLM 700, che può essere percorsa dalle normali autovetture solo in condizioni di asciutto. Per arrivare al parcheggio del Wire Pass Trailhead, luogo da cui inizia il trail per the Wave, bisogna percorrere circa 8 miglia, ma noi ci siamo dovuti arrendere molto prima, in quanto un torrente in piena ci aveva sbarrato la strada.
Tornati alla Paria Contact Station, e rinnovata la durata dei permessi di un anno, abbiamo deciso di riprovare alcuni giorni più tardi. Questa volta però per non correre rischi con il torrente, siamo arrivati da sud, percorrendo la US 89 ALT e sobbarcandoci quindi 21 miglia di sterrato per arrivare al Wire Pass Trailhead.
Da qui, caricati gli zaini con i bambini sulle nostre spalle, abbiamo seguito il letto asciutto del wash, finchè non abbiamo trovato sulla nostra destra un vecchia pista per jeep; la pista finisce in cima ad un altopiano, e da li abbiamo seguito un sentiero sabbioso che ci ha condotto alle Coyote Buttes. Una volta superate, queste ultime, abbiamo girato a destra camminando in alto sul pendio fino a raggiungere una coppia di buttes a forma di gobbe di cammello. Superate anche queste, abbiamo avvistato davanti a noi Top Rock, una cresta montuosa al cui interno si nasconde The Wave. Arrivati quindi alla base di una duna sabbiosa sotto Top Rock, abbiamo capito che eravamo prossimi alla meta; dopo aver fatto l'ultimo sforzo ci siamo trovati davanti una specie di corridoio naturale ed alla fine di questo ci si è presentato in tutta la sua bellezza.. The Wave.
Dire cosa abbiamo provato, anche in questo caso è riduttivo, bisogna essere li e trovarselo davanti agli occhi; the Wave ci ha dato una sensazione di stordimento, di stupore e di incredibile euforia, subito è scattata in noi la voglia di scattare 10, 100, 1000 fotografie. Le striature, i colori rasentano la perfezione, ancora una volta madre natura ci aveva fatto vedere di cosa era capace!
Solo dopo una lunga sosta ci siamo decisi a ritornare indietro, convinti dal cielo tornato di nuovo minaccioso; sulla via del ritorno abbiamo incrociato una famiglia di mormoni le prime persone di quella magnifica giornata.
A chi volesse provare le nostre stesse emozioni, consiglio essendo un percorso di 3 miglia all'andata e 3 miglia al ritorno in pieno deserto, di portarsi appresso molta acqua, sali minerali, integratori alimentari e cibi salati. Non trascurate la forma fisica, noleggiate un'automobile da sterrato, informatevi delle condizioni atmosferiche e soprattutto non dimenticatevi la macchina fotografica... al resto ci penserà ..... The Wave
giovedì 11 agosto 2005
Grand Canyon National Park
Il Grand Canyon National Park è forse il parco nazionale più famoso al mondo. Neanche le foto più belle, i racconti più accurati riescono a dare la misura di questo fenomeno geologico; le sensazioni e le emozioni migliori sono quelle che si provano affacciandosi ad uno degli innumerevoli viewpoint, percorrendo uno dei tantissimi trails che lo percorrono in lungo ed in largo, "vivendolo ed ascontandolo" dall'alba al tramonto.
Situato nella parte settentrionale dell'Arizona, di cui ne rappresenta l'immagine, il Grand Canyon è una profonda cicatrice lunga circa 480 km e larga 35 km nel punto più esteso; ricordo ancora lo stupore provato da me e Robera la prima volta che lo abbiamo visto dal punto panoramico di Mather Point. Ricordo che per i primi 10 minuti non siamo riusciti a proferire parola, ci siamo persi negli spazi immensi e nell'incredibile silenzio del canyon. Come molti sanno il parco è diviso in due versanti (Rim), il South Rim ed il North Rim, a cui si aggiungono altre due aree più remote che sono la zona di Havasupai Indian Reservation ad ovest del south rim, e la zona di Toroweap Valley sulla sponda opposta. Noi abbiamo scelto come base di appoggio il Grand Canyon Village nel South Rim, in quanto ci siamo prefissati di riuscire a vedere bene questa parte, prima di visitare le altre. Nel 2002, io e Roberta avevamo tentato la discesa verso il Colorado River, ma non avendola programmata bene all'epoca, eravamo riusciti ad arrivare solo fino a Plateau Point. Obiettivo dichiarato quindi del 2005 era arrivare "at the bottom of the G.C." cioè arrivare fino a Phantom Ranch sul letto del fiume Colorado. Siamo arrivati al nostro alloggio il Bright Angel Lodge il 10 di agosto assieme ai nostri compagni di viaggio Gianpaolo, Fabiana, Nicolò (1 anno) e li ci siamo dati appuntamento con gli altri nostri amici, Simone, Arianna, Michele e Michela. Tutti assieme abbiamo deciso di impiegare la prima giornata alla visita delle Hermits Road , accessibile soltanto con i bus navetta. Prendendo lo shuttle è possibile fermarsi in tutti i viewpoint che sono Trailview Overlook, Maricopa Point, Powell Point, Hopi Point, Mohave Point, The Abyss, Pima Point, e Hermits Rest. I migliori a mio avviso sono Hopi, Powell e Mohave (ideali per il tramonto) anche se devo dire che me li ero gustati di più nel mese di aprile quando ci sono molti meno turisti. E' possibile inoltre camminare lungo il sentiero che costeggia il bordo rim e raggiungere i vari viewpoint a piedi (poco più di un km), cosa che consiglio per non fare le solite foto dalle solite postazioni panoramiche.
A fine giornata, dopo aver ammirato il tramonto ad Hopi Point, siamo ritornati al Village assieme ai nostri amici. Mentre Nicolò e Daniela giocavano nel Market Plaza, io e Gianpaolo siamo andati a comperare tutto il necessario per la discesa a Phantom Ranch, che avevamo organizzato per l'indomani. Purtroppo avevamo convenuto con Roberta e Fabiana che non potevamo scendere con i bambini, e loro come sempre molto altruiste, ci avevano dato l'ok per andare da soli. Ricordo l'emozione di quella sera; erano tre anni che aspettavo quel momento mi ero preparato a puntino, zaino, scarponcini da trekking, poncho, ricambi in base alle condizioni atmosferiche... mancava solo lui.... il Colorado River!
Lasciato il Maswik Lodge ci siamo dati appuntamento con Gianpaolo alle ore 05.15 del giorno dopo. 11 agosto - THE DAY - ci siamo diretti con la macchina al parcheggio di Yaki Point, quindi alle ore 06.00 in punto abbiamo iniziato a scendere il South Kaibab Trail. Il nostro piano di battaglia prevedeva la discesa di questo sentiero all'andata in quanto sprovvisto di sorgenti d'acqua, e la risalita dal Bright Angel Trail, sentiero che avevo gia testato essere veramente molto impegnativo. Il South Kaibab Trail è un ripido sentiero che scende lungo una cresta e che offre splendidi panorami; passo dopo passo si raggiungono degli step che consentono delle brevi pause (Ooh AaH Point, Cedar Ridge, Skeleton Point, Tip Off ).
Finalmente dopo 3 ore circa siamo giunti alla galleria che precede il Kaibab Suspension Bridge. Presi dall'entusiasmo abbiamo attraversato il ponte osservando il Colorado River che per l'occasione si presentava di colore rosso. Alle 09.30 in punto eravamo a Phantom Ranch.. 3 anni dopo ce l'avevo fatta a coronare il mio sogno. Dopo esserci rifocillati al ranch e dopo esserci comperati il meritatissimo souvenir, abbiamo deciso di fare il bagno nel Colorado. L'acqua del fiume era molto fredda quindi dopo le foto e le riprese di rito, abbiamo optato per riposarci e rinfrescarci presso il Bright Angel Creek un affluente del Colorado. Alle 12.30 abbiamo attraversato il Bright Angel Suspension Bridge, ci siamo girati indietro un'ultima volta ed abbiamo iniziato la risalita. Devo dire che i rangers sconsogliano di fare discesa e risalita in giornata, ma noi oltre che essere ben allenati ci eravamo preparati a puntino con viveri energetici, bevande, copricapi etc.. Dopo 2 ore eravamo a Indian Garden tappa intermedia, ed alle 18.00 eravamo gia seduti al Maswik Lodge distrutti ma felici. Il giorno sucessivo assieme al resto della truppa ci siamo dedicati alla visita della Desert View Drive percorribile in macchina. Ci siamo soffermati in tutti i viewpoint, a partire da Yavapai, Mather, Yaki, Grandview, Moran, Lipan, Navajo Point, fino ad arrivare a Desert View entrata est del parco. La sera cena allo Yavapai Lodge con l'immancabile pizza per poi finire con la solita passeggiata lungo il percorso che va dall' El Tovar Hotel al Kolb Studio. Il giorno successivo è stato dedicato alla visita del parco dando particolare libertà ai nostri bimbi il cui entusiasmo nel vedere da vicino animali selvatici come i condor, i cervi, i cani della prateria, ed addirittura il coyote, era veramente alle stelle. Il Grand Canyon National Park (www.nps.gov/grca) per me rappresenta il massimo da tutti i punti di vista. Gli americani poi sono i numeri 1 al mondo nella valorizzazione e nella gestione dei parchi e tutto viene svolto nel pieno rispetto della natura. I Rangers sono un punto di riferimento costante, sempre pronti ad aiutarti e a darti consigli preziosi ed il personale impiegato nel Village è sempre disponibile. Vale veramente la pena visitare questo parco, una delle 7 meraviglie naturali del mondo. Il mio consiglio è di non soffermarsi alle solite tappe lungo il rim, ma di vivere il Grand Canyon in modi diversi, fare qualche escursione scegliendo uno dei tanti trails, e vederlo dall'alto con i voli panoramici proposti dagli operatori della città di Tusayan (http://www.papillon.com/).
martedì 9 agosto 2005
Glen Canyon N.R. Area - Lake Powell
Rivedere dopo 3 anni Lake Powell è stato per me come ritornare al “parco dei divertimenti”; la Glen Canyon N.R. Area ti offre infatti di tutto e di più. E’ una delle mete preferite dagli escursionisti, dagli amanti delle barche e degli sport acquatici e ti offre una varietà di bellezze naturali tra cui spiccano senza dubbio il Rainbow Bridge N.M., l’Antelope Canyon e l’ Horseshoe Band. La cittadina di Page poi, è un ottimo punto di partenza per raggiungere in poche ore di macchina mete importanti quali la Monument Valley, lo Zion N.P. ed il Grand Canyon N.P. Insomma per noi amanti degli States, Page è il centro del mondo!
Il lago prende il nome da John Wesley Powell e fu creato grazie alla costruzione della Glen Canyon Dam, completata nel 1963. Questa diga è in grado di fornire elettricità ed acqua potabile alla popolazione dell’intera regione, la si può visitare in un paio d’ore ( la visita è gratuita) accedendovi dal Carl Hayden Visitor Center. Durante la visita potrete camminare sul top della diga, i rangers vi racconteranno la sua storia e le tecniche di costruzione, potrete accedere alla sala dei generatori, e farvi una passeggiata alla sua base ammirando l’incredibile “muro” che si erge sopra di voi.
Come detto prima sono molti i punti di interesse: il Rainbow Bridge N.M. è il ponte naturale più alto al mondo (94 m) si trova in territorio Navajo, ed è considerato sacro dai Nativi Americani, per cui bisogna stare attenti a rispettare le loro tradizioni.
Noi abbiamo preso il battello alla Wahweap Marina che è sicuramente il modo migliore per passare in gran relax una giornata; dopo un tragitto di 50 miglia, che vi farà apprezzare le bellezze di Lake Powell, si arriva alla meta, ma per chi lo volesse è possibile raggiungerlo seguendo i trails della Navajo Nation richiedendo prima gli appositi permessi.
Altro luogo famoso è l’Antelope Canyon, uno slot canyon in arenaria rossa stretto e profondo che assieme alle luce che vi penetra, crea giochi di colori unici al mondo. La maggior parte delle persone visita l’Upper Antelope, ma molto bello è anche il Lower Antelope molto più stretto di cui è visitabile solo il primo terzo.
E’ molto bello da fotografare (è consigliata la visita a mezzogiorno quando il sole è alto) le visite sono guidate ed organizzate dal popolo Navajo ed è molto frequentato per cui prendetevela comoda per scattare le vostre foto.
Ma il posto che più mi ha colpito, per l’immensità del paesaggio e per la nitidezza dei colori è senza dubbio l’Horseshoe Bend, posto fortunatamente ancora poco conosciuto. Lo si raggiunge lungo la US 89 subito dopo il centro abitato di Page, una indicazione segnala il parcheggio sterrato, e dopo una breve camminata di circa 1 miglio vi si aprirà davanti uno strapiombo che si affaccia direttamente sul Colorado River. Il fiume, di un intensissimo colore blu, disegna una curva a ferro di cavallo e ti cattura all’istante; è un posto mistico, dove regna il silenzio più assoluto e dove è possibile perdersi nei propri pensieri osservando gli splendidi paesaggi che si profilano all’orizzonte.
Per finire, non toglietevi la possibilità di una nuotata ad Antelope Point, o la vista a 360° di Lone Rock; se avete intenzione di fermarvi di più affittatevi una houseboat , se volete provare il brivido delle rapide del Colorado River recatevi a Lees Ferry per fare un po’ di rafting, insomma, la Glen Canyon N.R. Area (www.nps.gov/glca) non vi farà mancare proprio nulla.
Il lago prende il nome da John Wesley Powell e fu creato grazie alla costruzione della Glen Canyon Dam, completata nel 1963. Questa diga è in grado di fornire elettricità ed acqua potabile alla popolazione dell’intera regione, la si può visitare in un paio d’ore ( la visita è gratuita) accedendovi dal Carl Hayden Visitor Center. Durante la visita potrete camminare sul top della diga, i rangers vi racconteranno la sua storia e le tecniche di costruzione, potrete accedere alla sala dei generatori, e farvi una passeggiata alla sua base ammirando l’incredibile “muro” che si erge sopra di voi.
Come detto prima sono molti i punti di interesse: il Rainbow Bridge N.M. è il ponte naturale più alto al mondo (94 m) si trova in territorio Navajo, ed è considerato sacro dai Nativi Americani, per cui bisogna stare attenti a rispettare le loro tradizioni.
Noi abbiamo preso il battello alla Wahweap Marina che è sicuramente il modo migliore per passare in gran relax una giornata; dopo un tragitto di 50 miglia, che vi farà apprezzare le bellezze di Lake Powell, si arriva alla meta, ma per chi lo volesse è possibile raggiungerlo seguendo i trails della Navajo Nation richiedendo prima gli appositi permessi.
Altro luogo famoso è l’Antelope Canyon, uno slot canyon in arenaria rossa stretto e profondo che assieme alle luce che vi penetra, crea giochi di colori unici al mondo. La maggior parte delle persone visita l’Upper Antelope, ma molto bello è anche il Lower Antelope molto più stretto di cui è visitabile solo il primo terzo.
E’ molto bello da fotografare (è consigliata la visita a mezzogiorno quando il sole è alto) le visite sono guidate ed organizzate dal popolo Navajo ed è molto frequentato per cui prendetevela comoda per scattare le vostre foto.
Ma il posto che più mi ha colpito, per l’immensità del paesaggio e per la nitidezza dei colori è senza dubbio l’Horseshoe Bend, posto fortunatamente ancora poco conosciuto. Lo si raggiunge lungo la US 89 subito dopo il centro abitato di Page, una indicazione segnala il parcheggio sterrato, e dopo una breve camminata di circa 1 miglio vi si aprirà davanti uno strapiombo che si affaccia direttamente sul Colorado River. Il fiume, di un intensissimo colore blu, disegna una curva a ferro di cavallo e ti cattura all’istante; è un posto mistico, dove regna il silenzio più assoluto e dove è possibile perdersi nei propri pensieri osservando gli splendidi paesaggi che si profilano all’orizzonte.
Per finire, non toglietevi la possibilità di una nuotata ad Antelope Point, o la vista a 360° di Lone Rock; se avete intenzione di fermarvi di più affittatevi una houseboat , se volete provare il brivido delle rapide del Colorado River recatevi a Lees Ferry per fare un po’ di rafting, insomma, la Glen Canyon N.R. Area (www.nps.gov/glca) non vi farà mancare proprio nulla.
lunedì 8 agosto 2005
Zion National Park
Partiti da Las Vegas di primo mattino ci siamo diretti verso nord percorrendo la Interstate 15 in direzione Zion National Park. Nel giro di due ore e mezza ci siamo trovati a Springdale cittadina alle porte del parco. Zion (come tutti i nat. parks americani) ti offre panorami e colori incredibili, oltre ad una vasta scelta di escursioni alcune delle quali veramente uniche nel loro genere. Visto che avevamo un solo giorno da dedicare a questo parco e soprattutto visto che volevamo far rifiatare i nostri bambini, abbiamo deciso di trascorrere la mattinata in relax tra il Visitor Center e lo Zion Lodge per poi addentrarci il più possibile nel più conosciuto ed affascinante sentiero del parco, The Narrows. Dopo aver parcheggiato la nostra toyota sienna, abbiamo preso presso il visitor center la navetta che è l’unico mezzo per accedere al canyon da aprile a novembre; le navette passano con molta frequenza e le loro fermate lungo la Zion Canyon Scenic Drive sono in corrispondenza dei vari punti di partenza dei sentieri che si snodano attraverso il parco.
Dopo aver pranzato alla pizzeria dello Zion Lodge, aver fatto giocare i bambini ed esserci rilassati un pochino sui prati ad ammirare le bellezze naturali che il parco ti offre, ci siamo diretti al Temple of Sinawava fermata da dove inizia il Riverside Walk in direzione The Narrow.
Il Riverside Walk è un sentiero asfaltato per un paio di km che segue il Virgin River fino al punto in cui il trail coincide con il letto del fiume. Da qui The Narrows (le strettoie) si prolungano a monte per circa 19 km, gran parte del tragitto si percorre con i piedi immersi nell’acqua del fiume, i muri a strapiombo che si ergono fino a 6oo metri di altezza e man mano che si procede le pareti si stringono sempre di più.
Il Virgin River è quasi sempre sporco a causa dei temporali, ma il fascino di questo trail è veramente incredibile. E’ sempre bene informarsi sulle condizioni meteo prima di intraprendere una escursione nella gola in quanto gli improvvisi temporali estivi dello Utah possono causare innondazioni con la conseguente chiusura di alcune aree del parco. Purtroppo è quello che è successo a noi e, dopo essere ritornati anzitempo sui nostri passi, ci siamo diretti verso il Weeping Rock Trail, una passeggiata poco impegnativa che porta ad una parete di roccia dall’interno della quale esce dell’acqua che crea un effetto pioggerellina.
Purtroppo anche questa giornata stava per giungere al termine, ma come sempre accade negli States, anche il semplice viaggiare in macchina ti riserva degli scorci paesaggistici di notevole impatto; ci saremo fermati almeno una decina di volte ad ammirare l’incredibile contrasto dell’arenaria rossa con il verde delle foreste di pino lungo la Zion Mt Carmel Highway 9 e una volta raggiunto il nostro “mitico” Mt Carmel Motel mi sono ripromesso che la prossima volta che ritorneremo allo Zion National Park (www.nps.gov/zion), gli concederemo almeno tre giorni di attenzione. Infatti oltre a dover portare a termine The Narrows, mi sono segnato sul mio personale “libretto degli appunti” il Kolob Arch Trail nella parte nord di Zion, e l’Angels Landing Trail.
domenica 7 agosto 2005
Death Valley National Park
Sarò banale, ma chi si reca per la prima volta alla Death Valley si accorge che qui il caldo non scherza. I nativi americani la chiamavano Tomesha, cioè “il luogo dove la terra brucia”, nome veramente appropriato per la Death Valley (www.nps.gov/deva) che ha la temperatura più alta della terra.
D’estate fa veramente caldo, il termometro si aggira sovente attorno ai 50°, ma ciò non le impedisce di essere una delle mete turistiche principali della California.
Partiti da Lone Pine, cittadina della Eastern Sierra, non prima di aver fatto il pieno di benzina e di galloni d’acqua, ci dirigemmo ad est percorrendo la strada statale 136 in direzione Panamint Springs. Man mano che ci inoltravamo nella valle, un paesaggio unico si presentava ai nostri occhi; formazioni di roccia e sabbia, canyon levigati dal vento e dal sole e torride pianure di sale.
Seguendo la statale 190 arrivammo poi alla nostra prima meta, Sand Dunes; il termometro aveva raggiunto i 40°. Per raggiungere il prima possibile le dune di sabbia, decisi di fare una corsetta ed immediatamente mi accorsi che le suole ed i bordi delle mie nike erano diventati bollenti....... benvenuto alla Death Valley!
La giornata proseguì attraverso la visita della altre mete, Furnace Creek, Golden Canyon, Badwater Basin (che si trova 85,5 metri sotto il livello del mare), e Zabriskie Point. Purtroppo non riuscimmo a mettere la “X” su Artist Palette visto che la Artist Drive era chiusa al traffico a causa delle alluvioni che tre giorni prima causarono degli smottamenti al terreno.
Badwater basin è il posto che mi è piaciuto di più sia per l’effetto che fa camminare sopra il bacino salato, sia per l'effetto visivo creato dal bianco accecante che si mescola con l’azzurro del cielo.
Mi è rimasto impresso nella mente il racconto del ranger riguardo le molte persone che hanno perso la vita nel cercare di attraversare il bacino salato a piedi, sottovalutando la temperatura del suolo che è del 50% più alta di quella dell’aria, cosa che rende questo luogo davvero ostile.
Avevamo visitato un posto veramente unico nel suo genere, ma la cosa più strana di quella giornata fu realizzare che da li a poche ore saremmo passati da questa landa desolata a quell'incredibile miraggio nel bel mezzo del deserto del Nevada......Las Vegas.
D’estate fa veramente caldo, il termometro si aggira sovente attorno ai 50°, ma ciò non le impedisce di essere una delle mete turistiche principali della California.
Partiti da Lone Pine, cittadina della Eastern Sierra, non prima di aver fatto il pieno di benzina e di galloni d’acqua, ci dirigemmo ad est percorrendo la strada statale 136 in direzione Panamint Springs. Man mano che ci inoltravamo nella valle, un paesaggio unico si presentava ai nostri occhi; formazioni di roccia e sabbia, canyon levigati dal vento e dal sole e torride pianure di sale.
Seguendo la statale 190 arrivammo poi alla nostra prima meta, Sand Dunes; il termometro aveva raggiunto i 40°. Per raggiungere il prima possibile le dune di sabbia, decisi di fare una corsetta ed immediatamente mi accorsi che le suole ed i bordi delle mie nike erano diventati bollenti....... benvenuto alla Death Valley!
La giornata proseguì attraverso la visita della altre mete, Furnace Creek, Golden Canyon, Badwater Basin (che si trova 85,5 metri sotto il livello del mare), e Zabriskie Point. Purtroppo non riuscimmo a mettere la “X” su Artist Palette visto che la Artist Drive era chiusa al traffico a causa delle alluvioni che tre giorni prima causarono degli smottamenti al terreno.
Badwater basin è il posto che mi è piaciuto di più sia per l’effetto che fa camminare sopra il bacino salato, sia per l'effetto visivo creato dal bianco accecante che si mescola con l’azzurro del cielo.
Mi è rimasto impresso nella mente il racconto del ranger riguardo le molte persone che hanno perso la vita nel cercare di attraversare il bacino salato a piedi, sottovalutando la temperatura del suolo che è del 50% più alta di quella dell’aria, cosa che rende questo luogo davvero ostile.
Avevamo visitato un posto veramente unico nel suo genere, ma la cosa più strana di quella giornata fu realizzare che da li a poche ore saremmo passati da questa landa desolata a quell'incredibile miraggio nel bel mezzo del deserto del Nevada......Las Vegas.
sabato 6 agosto 2005
Bodie State Historic Park
Coloro che lasciano lo Yosemite N.P. dal Tioga Pass, si trovano a portata di mano la visita di Bodie, una delle ghost town meglio conservate della California dove è ancora possibile passeggiare tra gli edifici rimasti in piedi in uno scenario che vi farà rivivere l'epopea del Far West.
Per noi cresciuti a pane e cow boy questa era una tappa obbligatoria; dopo aver pranzato in un fast food di Lee Vining, prendemmo la statale 395 fino a 7 miglia a sud di Bridgeport, quindi dopo aver girato a destra proseguimmo per una lunga strada sterrata(13 miglia). Il paesaggio attorno a noi era veramente straordinario, sembrava di essere tornati indietro nel tempo. Non c'era anima viva, a farci compagnia avevamo solo le brulle colline della California, e gli immancabili Eagles.
All'entrata del parco il ranger ci indirizzò verso il parcheggio non prima di averci avvisato che a Bodie non è possibile fumare, toccare oggetti e visitare la zona delle miniere in quanto pericolante e chiusa al pubblico.
All'entrata del parco il ranger ci indirizzò verso il parcheggio non prima di averci avvisato che a Bodie non è possibile fumare, toccare oggetti e visitare la zona delle miniere in quanto pericolante e chiusa al pubblico.
Questa ghost town è veramente stupenda, anche perchè al contrario di altri posti, qui non è stato modificato nulla e non vengono organizzati spettacoli o altre attività commerciali. L'oro fu scoperto nel Bodie Creek nel 1859 e nel giro di 20 anni crebbero numerose bische e bordelli. Quando poi le vene aurifere si esaurirono la città venne abbandonata. Oggi è possibile vedere solo il 5% degli edifici di un tempo; la Methodist Church, la Miller House (aperta al pubblico) e la J.S. Cain Residence note per lo sviluppo del traffico di segati, il Wheaton & Hollis Hotel, la School House dove sui banchi si nota il materiale scolastico lasciato in fretta e furia, il Visitor Center presso la Miners Union Hall con l'esposizione di pezzi storici, questi ed altri edifici bastano per rendere l'idea dei fasti passati di Bodie.
Verso le 5 del pomeriggio ci lasciammo Bodie alle spalle, decidendo di fare una breve sosta al Mono Lake. Mono Lake è un lago di origine vulcanica la cui caratteristica è quella di avere le rive costellate da composizioni tufo e rocce magmatiche che spuntano tra le acque del lago. Noi vista l'ora ci limitammo ad un breve trail che dal parcheggio porta fino alla spiaggia, volendo però si può proseguire la camminata che in un paio d'ore ti permette di tornare al punto di partenza. Ricordo un'odore un pò particolare nell'aria e soprattutto che la spiaggia era tutta coperta da una fitta coltre di mosche nere cosa che dissuase Roberta e Daniela a proseguire. Dopo aver scattato qualche foto decidemmo di dirigerci verso Lone Pine. Prossima tappa Death Valley.